Intervista a Mick Jones, Joe Strummer e Paul Simonon
tratta dal libro "Clash" di P.Zaccagnini
(Musicalibro - 1982) realizzata il 29.5.1981 a Firenze.

Grazie a Salvatore Raimondo per il testo

L'anno precedente, a Bologna, in occasione del concerto gratuito che i Clash avevano tenuto in piazza Maggiore, forse uno dei più intensi a cui abbia assistito nella doppia veste di spettatore e critico, parlare con loro non era stato possibile, quindi l'anno scorso, allo stadio comunale di Firenze, attendere per parlare, sentire cosa pensano di quel mondo che così bene interpretano nei loro pezzi, era giocoforza. L'attesa, consumata tra rasciugare il copioso sudore frutto di tre ore di lotte sotto il palco, e l'andare su e giù dinanzi alla porta dello spogliatoio che li ospitava, è durata più di trenta minuti; poi, alla fine, dopo aver superato le ire del road-manager Rasta che ne protegge la privacy, il grande gesto, l'apertura della porta verde. Questo che segue è il resoconto dettagliato di un colloquio con tré mèmbri dei Clash, un colloquio in cui Jones, Simonon e Strummer. stravolti dalla violenza messa nell'esecuzione dei loro pezzi, hanno saputo dire molto di loro stessi e della loro visione del mondo e della musica. Nel colloquio, avvenuto il 29 maggio 1981, vi sono accenni ad avvenimenti già accaduti quando questo volume uscirà: non ho voluto alterare nulla di quanto detto. Vieni avanti, Fidel " fa Mick Jones, seduto nell'angolo più lontano dell'enorme camerone e Fidel, che poi sarei io, per via della folta barba, sì fa avanti. Il vestito che indossa è un bel gessato anni cinquanta, le bretelle sono di un bei rosso vivo, non si intonano con il pallore del suo volto; gli occhi spiritati, scrutano lo stanzone e chi gli sta dinanzi con ingordigia. Un joint, spento -tenterà di riaccenderlo varie volte durante la conversazione - gli pende dalla mano destra mentre la sinistra mantiene in bilico una fetta di pane casareccio con tanto burro sopra. Sorride, come fa raramente sul palco.


La prima domanda, a lui che è inglese e che milita nel più politicizzato dei gruppi, viene spontanea e riguarda il conflitto che oppone l'Inghilterra ai militanti cattolici del Nord Irlanda, conflitto che insanguina il Paese da anni: cosa ne pensa?

Mick Jones
E una vergogna. Penso che le truppe del mio Paese dovrebbero ritirarsi. Sarebbe ora, una volta per tutte, che intervenisse I'ONU a cercare di risolvere la faccenda. E' una guerra sordida, che uccide in silenzio, di cui raramente si parla. Se ne è parlato perché sono morti i militanti dell IRA ed anche questa credo sia una vergogna. Il mondo non dovrebbe scoprire adesso la questione irlandese, dovrebbe esseme sempre cosciente così come lo è stato, e lo è tuttora, per altri conflitti in altre parti del mondo.

Voi, i Clash, siete conosciuti, amati ed odiati come un gruppo che vuoi fare e fa politica con la musica che propone. Siete anche tra i pochissimi che lo ammettono nel vastissimo panorama del rock; mi sai dire, spiegare una volta per tutte il perché?

"Perchè, amico, la politica è la vita, l'essenza stessa dell'esistenza di ogni essere umano e senza politica non esisterebbe neanche il rock. Non fare quella faccia quando dico una cosa del genere, ricordati che il rock è nato dal blues e che il blues è la musica che i neri facevano per mantenere vive certe loro tradizioni. Quando i bianchi se ne impossessarono ci furono tanti, molti, troppi che ne dimenticarono le origini e pochi altri invece che le hanno perpetuate. Vedi, io personalmente, Mick Jones, e scrivilo pure, penso che sia dovere di ognuno interessarsi di politica, soprattutto se si ha una dimensione pubblica come noi ". 

Che vuoi dire? Puoi spiegarti meglio?

"Ai Clash sono in tanti a guardare e quindi sarebbe bello per il sistema che noi stessimo loro a cantare filastrocche senza senso come fanno tanti nostri illustri colleghi. Ed invece noi, i Clash, io, Mick Jones, e Joe, Paul, Topper, siamo lì con le nostre immagini forti, e vogliamo che sia sempre così, perché il pubblico che ci segue possa recepire quello che vogliamo dire; nella nostra posizione è molto importante avere un seguito e a chi ti segue non puoi dire stupidaggini e poi comportarti in tutt'altro modo. Non sarebbe serio e neppure giusto, non ti pare? "

Qual'è la tua origine sociale?

"Sono nato in un quartiere molto popolare di Londra, Clapham South. Sono nato il 26 giugno del 1955. Sono uno della classe operaia, mio padre faceva il tassista, mia madre ad un certo punto - avrò avuto sette, otto anni - non l'ho più vista, era andata in America, e quindi sono andato a stare da mia nonna. Poi ho vissuto anni a Brixton, l'unico quartiere di una città inglese dove esista un penitenziario, una sacca di miseria nella grande Londra, una sacca di miseria che ha sempre dato fastidio. Un ghetto per neri o bianchi poveri. Lì a Brixton per farti avanti nella vita, per non morire schiacciato dall'indigenza, hai solo quattro possibilità: o tiri di box o giochi al pallone o suoni o diventi un criminale. Io ho scelto di suonare, mi è andata bene ma ti assicuro che la rabbia del ghettizzato mi è rimasta ancora dentro, me la sento pesare addosso e non credo che me la scrollerò tanto facilmente anche perché non voglio dimenticare.

Vieni da Brixton, sei nato a Clapham South, due quartieri " caldi ": mi puoi dire cosa è accaduto veramente tra la polizia ed i negri del quartiere? Sulla stampa italiana si è parlato di scontri razziali, di violenze inaudite: quale è la tua versione dei fatti?

"Ma quali negri! Non dar retta alla stampa, dai retta a me, il giornalista a volte è al servizio del Sistema, è un servo. Tra polizia, negri e bianchi se vogliamo essere precisi. La polizia è stata attaccata da entrambi i gruppi razziali stanchi di subire violenze. Non ti puoi muovere che subito i poliziotti ti sono addosso e ti picchiano. Brixton è un ghetto, per bianchi e negri, come ti ho detto prima. Non si trova lavoro, si è costretti a vegetare, se vai in un posto e chiedi di lavorare appena sanno che vieni da lì ti guardano storto, come se li volessi fregare. I giovani hanno diritto di lavorare. Adesso come nel 1977 quando nacque il punk. Ancor di più oggi abbiamo diritto a lavorare vista la politica della Thatcher ".

Che opinione hai della Thatcher?
" II minimo che possa dire è che sta sbagliando tutto, in Inghilterra come in Irlanda. Non mi sta bene per niente ".

Mettiamo un attimo da parte la politica, anzi, non parliamone più, e cerchiamo di fare qualche domanda riguardo al tuo campo specifico, in cui operi, la musica. Che ne pensi della nuova scena musicale che si è andata affermando Io scorso inverno? Parlo, per intenderci meglio, di gruppi come i Classic Nouveaux, Spandau Ballet, Duran Duran, Visage, Depeche Mode?

" Non mi hanno mai interessato e tuttora non mi interessano. Non li riesco a capire. Che cosa vogliono? Che cosa si propongono? Di cambiare il mondo con qualche piega ed un po' di trucco. Per me, personalmente, nella vita c'è qualcosa di più importante del vestirsi da dandy. Vuoi proprio sapere come la penso sudi loro e su tutto il loro cosiddetto movimento? Sono dei fascisti, anche abbastanza stupidi ".

Non ti sembra un po' forte come giudizio? Sono fascisti solo perché si vestono diversamente da tè? Non ti sembra, senza offesa, tuo l'atteggiamento fascista nei loro confronti? Non pensi che ognuno si possa e debba vestire come gli pare?

" Mi spiego meglio visto che non hai capito. Per me, come ti dicevo prima, nella vita c'è qualcosa di più importante di un vestito e quindi vedere che loro passano il tempo ad abbigliarsi mi da l'idea che lo facciano per sviare le menti di chi li segue da altre faccende più impellenti, e non solo politiche. Il mio atteggiamento fascista? Non credo: forse un po' rancoroso. Niente di più, credo ".

Che ne pensi della critica musicale?
"Se noi, come molti critici dicono, siamo soltanto degli imbecilli buoni a nulla, beh, loro sono certamente peggio di noi. Fanno le critiche ai dischi soltanto se le case discografìche assicurano loro qualche centimetro di pubblicità in più... Pensa un po' a cosa siamo ridotti ".

Sapevo già della tua posizione sulla critica musicale e ti ringrazio della puntualizzazione. Delle case discografìche che mi dici?

" Non mi stanno bene- nessuna. Neanche la mia. Fanno il loro mestiere, che è poi quello di sfruttare gli artisti, i musicisti. Non si impegnano mai per cercare nuovi talenti; sai quanti bravi musicisti sono finiti nel silenzio per l'ignoranza dei dirigenti delle case disco-grafiche? Milioni. E questo per me è uno scandalo, uno dei tanti del mondo della musica d'oggi ".

Dopo la tournée italiana che progetti avete? Siete stati contenti dell'accoglienza che avete ricevuto qui da noi?

" Contentissimi. L'Italia è un Paese in cui si respira aria diversa, in cui si sentono, si vivono sulla pelle i conflitti sociali e questo a noi piace; forse ora capisco meglio perché molte rockstar non vogliono esibirsi qui da voi, il pubblico è così caloroso, a molti metterebbe quasi paura. Progetti dicevi- Tra poco, alla fine dell'estate, una serie di conceni a New York. Non mi chiedere perché solo a New York perché m'arrabbio. La nostra casa discografica non ci ha aiutati e quindi noi forse affitteremo un piccolo teatro, di non più di cinquemila posti, e ci esibiremo là per una settimana di seguito. Vedremo la reazione del pubblico. Ah, si, poi forse io e Joe comporremo la colonna sonora del nuovo film di Martin Scorsese con Robert de Niro come protagonista. Immigrants si dovrebbe chiamare la pellicola, ma ancora non è stato deciso definitivamente. Scorsese vorrebbe che facessimo anche una parte, staremo a vedere- Personalmente non mi sento tanto attore, vedremo che ne dirà Joe tra un po' ".

Sai niente altro sul film?
" Mah, è la storia drammatica di una delle tante lotte tra poveri che ricorrono spesso. E ambientata agli inizi del secolo, a New York, e narra le lotte sanguinose tra i primi immigranti irlandesi, italiani, polacchi. Una storia come tante altre, che la storiografia ufficiale ha sfiorato e che mai nessuno, salvo qualche scrittore, ha mai trattato fedelmente ".

Posso farti una domanda personale, che forse ti apparirà stupida?
" Certo, perché no? ".

Se non fossi diventato il Mick Jones che suona la chitarra solista del gruppo dei Clash, se non fossi il compositore di tanti brani celebri insieme a Joe e Paul che cosa avresti voluto essere?

" Mick Jones, prima studente d'arte e poi pittore: Potrà sembrarti una battuta ma io hu studiato sul serio pittura. Alla Chelsea School of Arts. Dipingevo niente male. Dipingere mi piace molto anche oggi. Mi rilassa. Anche Paul dipinge ma lui ha tutto un altro stile dal mio, lui dipinge anche sui muri, è molto realista ".

E tu invece che dipingevi? Che dipingi quando vuoi rilassarti?
" Mi riuscivano molto bene i nudi di donna ed ancora adesso; non scherzo, sai? ".

Spesso chi sente un gruppo di rock pensa che a suonare sia gente senza cultura, che non ha mai preso un libro in mano. Tu sei stato, sei un buon lettore? Provi piacere con un libro in mano? Quali libri ti hanno formato di più?

" Mi piace leggere, mi è sempre piaciuto. Quando cresci solo, che c'è di meglio di un buon libro per dimenticare certe tristezze? Sì, provo piacere a stare con un libro in mano ma con il poco tempo che ho a disposizione ormai è un piacere che assaporo sempre con maggiori difficoltà. Quali libri mi hanno formato? Sicuramente quelli di Christopher Isherwood e di Jean Cocteau di cui ho letto tutto quello che c'era da leggere. E poi i libri di storia, soprattutto quelli che trattano della guerra civile spagnola, l'interesse che ebbero gli intellettuali inglesi come Spender e Auden per quel conflitto. Ho amato molto Omaggio alla Catalogna di George Orwell, uno degli autori preferiti di Joe. Mi piace anche Lorca, Garcia Lorca, quello ammazzato dai franchisti, il poeta. Davvero grande. Graham Greene. E altri autori inglesi contemporanei tipo lan McEwan, uno giovane che sa scrivere in un modo stupendo, che ti sa coinvolgere con le sue storie freddamente metropolitane, uno che ha sicuramente esperienze in comune con me e con molti della mia generazione ".

Voi come gruppo siete nati con il punk: puoi dirmi cosa è stato, darmene una definizione, se vuoi darmela, dirmi come è andata a finire?

" E vero, siamo nati con il punk ma siamo riusciti ad evolverci perché la nostra musica, quello che vogliamo dire, non era circoscritto. E stato un caso, o forse no, che siamo esplosi nel 1977- Cosa è stato il punk? E stato un fenomeno che ha rivoluzionato la musica e certo costume ormai stagnante da anni, un movimento che ha spaziato via tanti preconcetti ma che è morto per i nuovi preconcetti che si era creato. Il punk è morto, quello spirito di rivolta che lo pungolava, lo stimolava è completamente rientrato. I tempi ormai sono cambiati e quelli che cercano di farlo resuscitare sinceramente mi fanno un po' pena .

Torniamo al cinema: come è andato il vostro film Rude Boy?

" In Inghilterra male, lo hanno accolto in modo pessimo forse perché è una storia in cui moltissimi giovani si sono riconosciuti. Ma non ci diamo per vinti, anche perché sappiamo che non esiste solo la critica inglese, ma che nel mondo sono in parecchi a seguirci ed apprezzare quel che facciamo ".
Sempre a proposito di film ho letto che stareste per farne un altro: puoi dirmi qualcosa di più?

" E un progetto in stato avanzato. Lo gireremo, se ce " la faremo, a New York. Si intitolerà The Magnifìcent Seven Days In New York. li titolo lo abbiamo preso da un brano del nostro ultimo album, Sandinista. Non sappiamo esattamente cosa sarà ma speriamo che sia ancora più interessante di quanto non lo fosse Rude Boy che a noi continua a piacere ".

Mick, perché in Inghilterra non vi amano?

" Chi dice che in Inghilterra non ci amano? Il pubblico ci ama e ci segue, è l'establishment che ci odia, non ci sopporta. L'establishment, che vuoi dire anche stampa specializzata e mezzi di comunicazione di massa in generale, con la TV in prima fila. Una risposta alla tua domanda io ce l'ho, da anni, da quando hanno visto che avevamo successo. Diciamo troppe verità, è questo che da tremendamente fastidio, e dire la verità non sta bene. Ma noi ce ne fottiamo. Si, scrivilo; i Clash se ne fottono. I Clash sono sì un gruppo musicale, ma sono anche quattro persone che hanno le loro idee in testa e che queste idee le vogliono esprimere. Suoniamo ma vogliamo fare anche altre cose. E questo, credi a me, da fastidio quasi quanto il fatto che cantiamo. Te l'ho detto prima però, noi ce ne fottiamo ".

L'ultima domanda per chi, come il sottoscritto, vi ama in modo maniacale: mi vuoi dire esattamente come andò il famoso incontro tra te e Joe Strummer, l'incontro che poi ci ha dato i Clash nella splendida versione in cui li abbiamo conosciuti, prima tramite gli album e poi dal vivo?
" Ancora... Mi sono stufato di raccontare questa storia. Ho cominciato a suonare con i London SS, poi li ho lasciati, Paul nel frattempo si era comprato un basso, lo avevo spinto io, formammo qualche gruppo di brevissima durata - mi ricordo che ci chiamammo Heartdrops, Phones, Mirrors, Outsiders e Psychotic Negatives - quando un giorno, tutte le sere andavamo a sentire musica e così avevamo anche sentito in azione Joe ma non mi era piaciuto il gruppo, passeggiando insieme a Glen Matlock (che allora suonava con i Sex Pistois) e Paul per Golbome Road e incontrammo Joe. Nessun insulto, dai retta a me: gli dissi solo che non mi piaceva il suo gruppo ma che pensavo che lui fosse grande. Lui poi fu folgorato dalla musica di Johnny e dei suoi, lasciò i 101'ers, contattò il nostro manager Bernie Rhodes, ci incontrammo e la storia è fatta. Sei contento adesso? ".

So che sei stanco ma vorrei farti l'ultimissima domanda: quando eri più giovane eri sempre così arrabbiato? In cosa credevi? Quando hai cominciato a suonare?

"Tre sono, amico. Tre domande e mi avevi detto di farne una sola. Quando avevo sedici anni pensavo di avere solo due possibilità per migliorare la mia vita: il football e la musica. Il rock. Scelsi il rock anche se con un pallone al piede non ero male. Perché? Il rock non mi limitava. Ed era più eccitante del dare due calci ad una palla. Andai al mio primo concerto rock che avevo dodici anni. Un concerto gratis, ad Hyde Park, con i Nice, i Traffic di Steve Winwood, ah si, i Pretty Things, quelli di Pretty Flamengo. La prima chitarra che mi comprai fu una Hofner di seconda mano, la pagai sedici sterline e credo proprio che mi truffarono. Vuoi sapere che fine fece? La vendetti a uno dei Sex Pistola, non mi chiedere chi perché non te lo dirò mai, per trenta sterline ".
Si mette a ridere, capisco che è stanco, altri vogliono parlare con lui, gli lascio indirizzo e numero di telefono; mi abbraccia. " Ciao Fidel, sono stanco ". Ciao Mick.


Joe Strummer

Vestito di scuro, lo sguardo ancora lucido per l'energia lasciata sul palco, la voce roca per le troppe sigarette, Joe Strummer, ma in realtà si chiama Mellor, sta seduto lontano dagli altri membri del gruppo, a sbollire la rabbia perpetua che lo rode dentro, gongolandosi forse per il magnifico spettacolo che con i tre compagni ha appena finito di dare. Avvicinarsi e attendere un gruppo di fans che lo stanno assediando con un inglese che ha dell'orrendo, mettersi accovacciato ai suoi piedi con il collega Massimo Buda, clashologo di fama mondiale: non è facile ma alla fine l'impresa riesce. È lui il leader indiscusso del gruppo, è lui che scrive le splendide parole delle canzoni che li hanno resi famosi, è lui che sulla chitarra ha lo stemma del movimento di liberazione del Nicaragua, è soprattutto lui quello che ha voltato le spalle alla borghesia e ora con la chitarra a tracolla la attacca senza risparmiarle critiche feroci e che lasciano il segno.

Joe, posso farti qualche domanda? Sono un giornalista romano, è la seconda volta che vedo un vostro concerto e vorrei poterne sapere di più su di tè e sul tuo gruppo.

" C'è poco da sapere. Noi siamo un gruppo molto poco organizzato, lo siamo stati sin dagli inizi, quando provavamo a Chalk Farm. Noi mica siamo come i Jam, dove c'è papa Weller, il padre di Paul Weller, cervello del trio, che pensa a tutto. Trovo quel modo di lavorare quasi inumano, trovo inumano il modo in cui si mettono seriamente al lavoro e balzano al numero uno ogni volta che gli va. Sono contento di essere come sono, di suonare in un gruppo come i Clash. Siamo molto caratteriali, passiamo per periodi di grandi depressioni, ed allora non ci va di fare nulla e non facciamo proprio niente, ed altri momenti in cui, invece, vogliamo fare un sacco di cose e ci divertiamo da matti. Adesso siamo in un brutto periodo, ogni volta che ci alziamo ci rimettiamo in piedi alla bell'e meglio ed andiamo avanti, abbiamo un tour europeo e non possiamo comportarci male con chi ci segue ".

In momenti come questo non ti è mai venuto in mente di piantarla di suonare?

" Eccome. E così facile decidere di piantarla, mandi tutto a quel paese: ma dopo che fai? Ho visto molti amici che lo hanno fatto e poi sono rimasti in attesa di tornare sulla scena con qualcosa di potente che non è mai avvenuto. E un segnale di allarme cui noi facciamo attenzione ".

E quando siete stanchi, come in questo momento, come fate a pensare a quello che dovete registrare?

"Non ci sono problemi, registriamo quello che vogliamo e quando vogliamo noi. E niente più. Non diamo molta attenzione a come registriamo, certo stiamo attenti a non fare errori ma non siamo di quelli che si impegnano eccessivamente in studio. Ci interessano le cose che vogliamo dire e poi, quando il disco è uscito e senti che la gente lo ascolta, lo canta, gli piace, ci rendiamo conto di aver fatto un buon lavoro. Pensiamo che questa sia la migliore, e la più onesta, maniera di lavorare. O forse non ne abbiamo trovato una migliore ".

Che cosa pensi della scena musicale attuale? Nel mondo si assiste ad una rinascita del genere heavy-metal, che ne pensi? E del punk dei giorni nostri cosa puoi dire?

"La nuova ondata di musicisti che hanno intrapreso nuovamente l'heavy-metal penso sia ormai arrivata ad un vicolo cieco da cui sarà difficile che possa uscire. Non credo che le cose che fanno oggi possano durare a lungo. E la riprova di quel che dico è che se metti sul piatto un 33 giri di dieci anni fa del genere ti accorgi di quante idee ci fossero allora e quante poche siano oggi. IÌ punk? Noi ci siamo evoluti da quello che eravamo qualche anno fa, penso che anche altre bands ci stiano provando. Hanno diritto di fare la musica che fanno perché forse non hanno altro da proporre; ma credo che da qui a cinque anni non suoneranno più la stessa musica."

Siete conosciuti e vendete dischi in tutto il mondo, siete anche ricchi?
"No. Ed è tutta colpa nostra. Quando cominciammo eravamo molto sul naif, non pensavamo al lato finanziario ma ora stiamo più attenti. Stiamo cercando di vederci più chiaro, sempre più, e stiamo migliorando sempre più. A soldi stiamo meglio dell'anno scorso, te lo posso assicurare. Prima con i soldi, chi li aveva o se li era guadagnati, si comprava subito una bella casa, investiva e non se ne parlava più. Noi non vogliamo seguire quella strada. Quando faremo i soldi, scrivilo pure, qualche milione di sterline, spero che li useremo per creare un mucchio di opportunità per noi e per gli altri. E questa quella che io chiamo una funzione giusta del denaro. Dicono che il denaro è energia? Ebbene, allora questa energia facciamola circolare, no? ".

The Clash, Give 'em Enough Rope, London Calling possono essere definiti soprattutto degli album punk. Sandinista no: perché? Che cosa avete voluto dire con questo ultimo lp ?

" Abbiamo soltanto cercato di cancellare il punk, per essere onesti, cercando di distruggere la linea che si andava istituzionalizzando e quindi lo stava facendo morire. Con Sandinista abbiamo cercato di suonare la più inaccettabile musica per punks che abbiamo potuto ".

Parliamo di te, di Joe Strummer come individuo: chi sei? Non vieni dalla classe operaia: come ti sei trovato con i tuoi compagni?

" Bene, ho scelto io di fare questa vita. No, non sono nato povero, non ho sofferto quello che hanno sofferto Mick e Paul. Mio padre nacque in India, rimase orfano a otto anni, venne messo in collegio e, siccome era molto bravo, si guadagnò una borsa di studio per l'università e per tutta la vita è rimasto orgoglioso del fatto che si era fatto da se, anche se si laureò a Lucknow. Venne a Londra, come tanti altri nelle sue condizioni, entrò nella carriera statale e, gradino dopo gradino, diventò un diplomatico. E qui è cominciata la mia vera fortuna. Era veramente molto felice di quello che aveva fatto sino ad allora e voleva fare sì che io seguissi la sua carriera. Ma a nove anni dovetti lasciare la famiglia perché loro furono trasferiti, non mi ricordo più dove, e io venni messo in collegio. Da allora vidi per anni i miei genitori una sola volta l'anno dato che il governo pagava affinchè loro si spostassero da dove diavolo erano per venirmi a trovare; venni lasciato completamente solo, insieme a tanti altri ragazzi nelle mie condizioni. E poi la storia per entrare in quella dannata scuola... ".

Che vuoi dire?

" Cominciai a fare esami su esami per entrare nelle scuole più prestigiose, ma sbagliai tutti gli esami così alla fine entrai in una in cui era entrato già mio fratello maggiore... ".

Che fa, come te, il musicista o che altro?
" E morto. Si è ammazzato nel 1971. Aveva un anno più di me. Era nazista, apparteneva al National Front. Si interessava di scienze occulte, andava sempre in giro con teschi e segni misteriosi. Non gli piaceva parlare, non lo faceva mai con nessuno, e ho sempre pensato che il suicidio fosse l'unica strada che gli era rimasta. Sai come è morto? Vuoi saperlo? Fai il giornalista, ti interessano anche i particolari macabri? Non negare, non me ne frega niente. Si imbottì di aspirine e chissà quante altre pasticche e così combinato si lasciò morire in un cespuglio di Regent's Park ".

Secondo te, quale è la cosa più importante per una persona?

" Posso ripondere per me stesso. La libertà personale. Voglio il diritto di scelta. Naturalmenle, però, questo diritto non deve infastidire lo stesso diritto degli altri. Ognuno deve avere il proprio diritto di scelta, giusto no? Credo nella democrazia, non sono per il comunismo totalitario. Odio il modo in cui i Russi fanno certe cose, quei maledetti carri armati dovunque. Ma, attenzione, questo non significa che ora debbo essere un capitalista. Capitalismo: chiudere la porta, sbatterla in taccia a chiunque ".

E allora, della classe operaia che tanto spesso riecheggia nei tuoi testi che ne facciamo adesso? La rinneghi?
" Io vengo dalla media borghesìa, sono differente da gente come Johnny Rotten che adesso si trascina stanco, grasso ed ubriaco per New York. Lui ha avuto l'esperienza dello scarico di responsabilità della società adulta capitalista nei confronti dei giovani. E quando i giovani si ribellano si parla di vandalismo, subito. È forse per questo che l'anarchia non mi è mai piaciuta, avevo capito che era una fase per cui dovevamo passare per una sorta di processo di purificazione per poi raggiungere qualcosa di più decente ".

Quest'estate in Inghilterra, in molte città, ci sono stati scontri tra polizia e giovani di colore e non, scontri tra membri delle comunità di colore e neofascisti, rivolte: sei ancora per le rivolte, come quando scrivevi " White Riot? "

Naturalmente. Perché non c'è altro modo di cambiare le cose, certe cose. La Thatcher vive su un altro pianeta e noi siamo riusciti ad eleggerla nostra leader ".

Cosa ne sai di quegli scontri? Qui da noi se ne sono scritte tante che abbiamo capito poco e niente...

"Solita domanda voi giornalisti? Suonavo con il mio gruppo, i 101'ers, blues-rock, quando un giorno nel 1976 vidi in azione i Sex Pistols. Capii subito che dovevo abbandonare la musica che avevo fatto fino ad allora perché non mi avrebbe mai permesso di dire le cose che avevo in mente di dire. Dissi ai miei compagni di allora che li lasciavo - loro arrivarono addirittura a mandarmi delle lettere anonime - ma quando incontrai per strada Mick e Paul capii che con loro avrei potuto creare quello che pensavo, sarebbe potuto divenire un buon gruppo. Sinora è andato tutto bene, anche se questo non significa che tutto va bene tra noi. Io litigo spesso con Mick, ci sono dei momenti molto brutti tra di noi ma quello che ci lega sono certe affinità di vedute che credo difficilmente scompariranno ".

Prima di suonare che facevi? Cosa pensavi che avresti fatto da grande?

"Studiavo alla scuola d'arte come Mick e Paul. Volevo diventare un artista. Meno male che non se ne è fatto niente. Che noia. Mi aveva completamente stancato. Ho passato due anni a fare le cose che hanno fatto tanti giovani della mia generazione, sono del 1952:droghe, alcool, dissipazione, lavori saltuari, nessuna prospettiva di un avvenire migliore. Poi cominciai a guadagnarmi qualche penny tenendo il cappello a uno che suonava nella metropolitana, misi da parte due sterline, mi comprai un ukulele e poi... Ma non mi stancare, leggitela sui giornali la mia storia. Sono diventato un fottuto personaggio pubblico. Sono stanco, lasciami in pace ".

L'intervista a Joe Strummer finisce qui, tronca in tante sue parti; ma credo che quel che Joe ha detto possa contribuire in modo fattivo a mostrarcelo, e come .uomo e come personaggio. Quanto dichiarò in quella sera di maggio potrà certo illuminare chi segue il gruppo sul passato, il presente ed il futuro dei Clash.


Paul Simonon

Di Paul Simonon si sapeva che parlava poco, un carattere chiuso inasprito da tanti problemi familiari che lo avevano reso ancora più taciturno; ma, sarà stata la festosa atmosfera dei trentamila giovani che lo avevano osannato sin da quando era salito sul palco, sarà stata la bella giornata che Firenze aveva voluto regalare loro, fatto sta che il pensieroso bassista si è rivelato un interlocutore di sicure e precise parole, non un grande parlatore ma certo uno che sa il fatto suo. Lui, al contrario degli altri mèmbri del gruppo, non ha mai seguito molto la moda, è il destino di quelli grossi come lui, indossa blue jeans, una camicetta nera, l'immancabile giubbotto nero, ha una " scoppoletta " in testa e, accanto, gli fa gli occhi dolci la ragazza - non ho avuto il coraggio di chiederle il nome, i bicipiti di Simonon non me lo hanno consigliato: così manteniamo questa deprecabile lacuna per nozionisti - una splendida fanciulla di colore che sta a sentire e che da lui ha imparato, sembra, il gusto di tenere la bocca chiusa.

Prima ho parlato con Mick, poi con Joe, ora tocca a te, Paul: ti sei mai sentito diminuito per questo ruolo subalterno a cui sembra sei destinato nell'economia del gruppo? In fondo sei uno dei fondatori, sei un grandissimo bassista, e lo hai dimostrato ancora una volta stasera, hai scritto pezzi, pochi, veramente notevoli...

" Nessuna diminuzione. Rispetto al mio ruolo; devo fare il bassista e quindi faccio il bassista. Questo non vuoi dire che se ho qualche cosa da dire non la possa dire, ci mancherebbe altro. Siamo un gruppo democratico, ognuno può e deve dire la sua anche se poi sono Mick e Joe che compongono quasi tutto il materiale e noi, io e Topper, appariamo solo come semplici manovali. Ma poi che male c'è ad essere solo manovali? "

Come ti sei trovato coinvolto nell'avventura Clash?

" Conoscevo Mick, abitavamo tutti e due a Brixton, siamo tutti e due frutto di famiglie che non esistono più, ci siamo presi subito in simpatia, anche se io sono un carattere più chiuso di Mick che è il più estroverso di noi. Mick mi reclutò quando ancora ero un fan scatenato di David Bowie - del periodo Ziggy Stardust and The spiders of Mars - e studiavo arte al Byam Shaw Art College vicino ad Holland Park. Mi volle ascoltare e dopo dieci minuti ero lì che cantavo un pezzo di Jonathan Richman, non mi chiedere quale perché non me lo ricordo più. Mick mi spinse a comprarmi un basso usato e provare a suonare; io gli diedi ascolto e ricordo ancora che le prime volte che suonavo, mentre facevo pratica e poi le prime volte in pubblico, mi ero dipinto sull'asta della chitarra i punti su cui sarebbero duvute appoggiarsi le dita ".

Allora è vero quel che si dice, che non eri capace di suonare?

" E vero sì, così come è vero che ora molte cose sono cambiate. Ho dovuto lavorare molto pesantemente per raggiungere i risultati di oggi, per farti dire che suono benissimo (non credo, penso di essere bravo ma non eccelso) ".

Sei modesto. Come sei arrivato a suonare così?

"Lo vuoi proprio sapere? Ascoltando tanti pezzi reggae e cercando di eseguirli il meglio che mi era possibile. I primi mesi fu un vero tormento, non ne azzeccavo uno, poi col passare del tempo le cose sono cambiate ed ora eccomi qua a prendermi le tue lodi ".

Da cosa deriva il fatto che i Clash sono stati, con i Police, il gruppo bianco che più si è ispirato al reggae?

" Penso che tutto derivi dal tatto che sia io che Mick siamo sempre vissuti a contatto con gente di colore, con moltissimi giamaicani. Io per guadagnarmi da vivere il sabato lavoravo ad un banco del mercato di Portobello, ora da poco mi sono comprato una casetta, due stanze più servizi nella zona, e da quelle parti, Portobello Road, LadBroke Grove, Notting Hill Gate, la musica che si ascolta di più è il reggae. I miei vicini di casa, una famiglia di colore, non fanno che tenere sempre la radio accesa e sintonizzata su stazioni che trasmettono reggae, tanto che io non accendo più ne radio ne giradischi; anche perché non ne ho il tempo, quando sto a casa mi voglio riposare e dedicarmi ai miei hobbies ".

Sono indiscreto se ti chiedo quali sono?
" Niente affatto. Dipingo e leggo. Soprattutto dipingo; nella mia nuova casa mi sono dipinto una intera parete, come feci al nostro primo studio in Chalk Farm che strano, ora che ci penso anche Mick e Joe dipingono, almeno hanno studiato arte. A Mick piaceva molto, mentre Joe odiava i pennelli e le matite ".

Cosa ha significato per tè il successo?

"La possibilità di avere una casa tutta mia, smettere di vivere in case occupate come ho fatto con mio fratello Nick (che per un periodo stava per diventare il nostro batterista quando per la prima volta se ne andò Terry Chimes). Professionalmente, quando entri in classifica vuoi dire che la gente ti segue, così non ti preoccupi molto del futuro, il che ti permette di vivere la musica che hai in mente di fare nel migliore dei modi. Prendi Sandinista: dopo London Calling la gente pensava che avremmo sformato un album come quello ed invece noi abbiamo stravolto le previsioni. Il bello è che il materiale che c'è in Sandinista è così vario che ora siamo in grado di fare quello che ci pare e nessuno avrà più idea di cosa potremmo proporre in futuro ".

Con i tuoi silenzi, sei quello che meno compare del gruppo, sei il testimone ideale che potrebbe rispondere alla domanda che non ho potuto fare sinora...

" Che domanda? ".

E vero che spesso tra Mick e Joe scoppiano liti furibonde?

" Beh, sai ognuno di noi ha il suo carattere. Mick e Joe poi sono formidabili, sono straordinari come compagni, ma a volte le loro personalità entrano in collisione ed allora sono guai. Capita molto raramente, ma quando capita succede di tutto. Succede anche nei migliori gruppi, pensa un po' alle liti che si diceva ci fossero tra Paul McCartney e John Lennon o tra Mick Jagger e Keith Richard. L'ultima clamorosa lite Mick e Joe l'hanno avuta durante una data della nostra tournée inglese per chi dovesse cantare "White Riot": nei camerini sono volate bottiglie ed altre cose ma poi è tornata la pace, come sempre. ".

" White Riot " è un pezzo che vi ha causato problemi: perché?

" Non devo stare io a spiegacelo, rileggiti il testo, riascoltala fino alla noia e poi capirai. Mi ricorderò sempre che ad Amburgo, in Germania Occidentale, prima del concerto venimmo a sapere che c'erano gruppi di giovani punks che non intendevano farcela suonare. Alcuni di loro chiesero di venirci ad esporre le ragioni della loro richiesta, li stemmo a sentire ma poi sul palco la suonammo; bene, ci fu un idiota che cominciò ad insultare Joe che ad un certo momento non lo ha sopportato più e gli ha dato la chitarra in testa. È finita che ci siamo ritrovati io e lui in platea a discutere furiosamente. Alla fine del concerto la polizia voleva arrestare Joe, così abbiamo dovuto lasciare Amburgo di corsa se non volevamo ripetere la storia dei Beatles all'Indra Club.

Come gruppo avete fatto un film e tu sembra abbia lavorato nel cinema anche solo: puoi dirmi qualcosa di più?

"Ho fatto l'attore, l'hai detto. Durante il primo tour americano ho lavorato nel film All Washed Up diretto da Lou Adier. Sono andato a girarlo in Canada, a Vancouver, perché si paga di meno che negli USA. Con me c'erano anche Steve Jones e Paul Cook, ex Sex Pistols. E stata una esperienza interessante. Recitare è decisamente una cosa che mi piace molto. So che tutti dicono questo ma nei fatti se fai parte di un gruppo ti è più facile, hai più opportunità per apparire in un film. Mi ha veramente divertito, e spero proprio di ricevere qualche altra proposta. Non so se alla fine avrà successo o meno, so solo che rifarei volentieri l'esperienza ".

La trama puoi accennarmela?
" Se ti interessa... Tratta di un gruppo inglese che viene fatto arrivare negli Stati Uniti per suonare e poi sorgono delle difficoltà. Tutto si risolverà dopo non poche avventure. L'unica cosa che non mi è piaciuta è stata Vancouver, l'ho trovata una città un po' noiosa ".

Una domanda personale a cui puoi anche non rispondere: la tua condizione, ed anche di Mick, di figli cresciuti senza la figura materna, senza la famiglia tradizionale, pensi abbia influito sulla vostra musica?

"Certamente, perché negarlo? Forse è stato uno dei nostri patrimoni più cospicui, quello che ci ha permesso di attirare poi su di noi l'attenzione di tanti che hanno sofferto le nostre stesse vicissitudini. Sin da piccolissimo ho vissuto con mio padre e mio fratello, studiando e facendo diversi lavori, tutti umili però. Mi sono diplomato in inglese ed arte, anche se ho avuto degli insegnanti che è meglio dimenticare. Pensa ci insegnava inglese, un anno, un pakistano che non riusciva neanche a farsi capire. Era già abbastanza per mantenere il livello culturale del quartiere, Brixton, in cui ero andato a vivere. Comunque mi vendicavo perché con i compagni di classe andavo a tirare mattoni alle vetrate delle case dei ricchi, a quelle finestre dalle quali si vedevano queste allegre famigliole riunite per prendersi beate il te' ".

Come vanno i rapporti tra i Clash e la casa discografica con cui lavorate?
" Pessimi. La battaglia continua ed ora si sta arricchendo di un nuovo capitolo. Noi abbiamo un contratto per cinque dischi, sinora ne abbiamo fatti sette, due lp, un doppio e Sandinista, che è triplo; ma per loro noi abbiamo fatto solo quattro album così aspettano il quinto che faremo uscire, se ci andrà, il prossimo anno. E ti posso assicurare che sarà completamente diverso dai precedenti, stanne certo ".

Vuoi guadagnare?
" Certo. Fare i soldi è importante perché poi puoi usarli come ti pare. Non come i Rolling Stones, però, compri una villa e ti piazzi a vedere la TV e poi ogni tanto ti fai un bei tour di qualche mese, ti riempi di soldi e poi se ne riparla dopo qualche mese. Senza mai dare nulla indietro non è guadagnare onestamente, credo. Noi possiamo investire i nostri guadagni per fare qualcosa di buono per quelli della nostra età. Joe vorrebbe aprire una radio, è il suo sogno, ma penso che resterà tale ".

Ti piaceva disegnare, sai anche farlo bene: perché hai scelto il rock per esprimerti?
" È il modo più immediato che hai per importi e dire quel che vuoi dire: nella nostra posizione possiamo ispirare la gente. E attualmente è assai importante perché non ci sono altri grandi mezzi di comunicazione così efficaci, salvo, è ovvio, cinema, TV e giornali. Il rock è un ottimo media. Ha un grande impatto in ogni strato sociale, e soprattutto tra i giovani, quelli che contano per noi, e se uno lavora con serietà può far sì che la gente capisca la situazione in cui vive e le brutture che uno gli canta e che altrimenti tenderebbe ad ignorare. Se ci muoveremo bene potremo avere sempre una vastissima eco ".

Mettiamo un po' da parte l'arte, e per arte intendo la musica che suoni, il cinema che vorresti continuare a fare ed i disegni che non smetti di fare: Paul Simonon, semplice ragazzo inglese senza prospettive di successo artistico, cosa avrebbe voluto fare?

" II guidatore di autotreni; sarà che mio padre fa il tassista ma le auto mi sono sempre piaciute, ne ho dipinte moltissime. Si, il guidatore di autocarri. Viaggi sempre, vieni a contatto, anche se marginalmente, con tante realtà diverse, e puoi startene in solitudine con te stesso. Viaggiare nella notte- Che bello. Mah, chissà che quando smetterò con i Clash non mi metta davvero a fare l'autotrasportatore; le braccia per tenere saldamente un manubrio di quel genere le ho, quindi... ".
Sorride, e stavolta, lo ha fatto spesso durante la conversazione, il suo voltarsi verso la ragazza che lo accompagna sembra definitivo. Meglio non abusare oltre, il tempo di una stretta di mano, la promessa di farsi sentire a casa o al giornale se passa per Roma, ed anche la conversazione con Paul Simonon è cosa fatta.