Tribute to Joe Strummer
Brighton, Sabato 7 gennaio 2006



L'appuntamento è quasi diventato tradizione.

Un manipolo di ‘Clashistas’ insieme a Brighton, durante la prima meta’ di Gennaio, per una gig in onore di Joe Strummer.

La nostra attesa e’ quasi spasmodica, quasi eccessiva. Decidiamo, dando mano ad i nostri portafogli, di pernottare at De Vere Grand Hotel, in onore del film Quadrophenia; questo è l’albergo in cui Sting viene assunto come umile portantino.

Dopo una passeggiata sul Pier ed un tradizionale fish’n’chips, eccoci di fronte alle Ocean Rooms, un piccolo locale che troviamo ancora chiuso. Siamo i primi. Riusciamo ad imbucarci attraverso una porta semichiusa. Le bands stanno ancora provando. L’organizzatore della serata, un tipo simpatico di Strummerville, ci vede; e contrariamente alle nostre aspettative non ci butta fuori, ma ci invita a restare.

L’audience è di circa 150 persone, quasi tutte intorno ai 35/40 anni (ahimè stiamo diventando vecchi anche noi!).

Si inizia con i Night of Treason, band che si esibisce in pezzi di punk classico.
La formazione e’ a cinque. Batterista di stazza imponente, bravo e preciso a martellare; quasi una mitraglia. Il bassista è altrettanto massiccio e puntuale. Le chitarre sono due: da una parte un eccellente lead guitarist, dall’altra quel Pat Gilbert che ha da poco pubblicato una importante biografia sui Clash (“Passion is a Fashion”). Pat è l’unico il cui look è da promuovere a pieni voti (a-la Mick Jones). Il lead singer è massiccio, con toni della voce che ricordano Johnny Rotten.
Alcuni pezzi sono molto noti come la indimenticabile Pretty Vacant dei Sex Pistols o la leggendaria Sheena is a Punk Rocker dei Ramones. Altri brani sono non meno belli, ma sicuramente più complessi e meno noti al grande pubblico come ad esempio Alternative Ulster degli Stiff Little Fingers.
La musica è forte, la sala minuscola, l’effetto devastante.

Dopo un breve intervallo, si cambia.

Arrivano i Take the 5th, definita come la “UK’s premier Clash tribute band”. In effetti ci siamo. Formazione classica a Quattro.Il batterista e’ leggero fisicamente, di stazza ‘Topper’, anche se certamente non della stessa efficacia. Il bassista e’ di scarso impatto visivo, ma magistrale nel suo essere fedele, nota per nota, ad i brani originali dei Clash. La combinazione dei due e’ pero grande, e fornisce il ritmo e le cadenza giuste. I passaggi del basso e le rullate della batteria ci riportano indietro di trent’anni. Si, ci siamo proprio. Le chitarre sono due, ed una e’ in mano al lead singer; si muovono entrambe con disinvoltura. I ritmi sono giusti e le esitazioni poche.
Insomma, questo è un gruppo molto preparato ed affiatato. L’unico appunto è forse lo scarso impatto visivo, ma sappiamo tutti che certi profili (come ad esempio uno Joe Strummer) e’ forse meglio non tentare di imitarli; tanto sai che non potrai mai farcela, ed in fondo il provarci potrebbe essere considerato un 'sacrilegio'.

Ma va benissimo così.

L’inizio è duro.
Si parte con Safe European Home ed English Civil War. Si continua con pezzi come Tommy Gun, London Calling, Police & Thieves, I Fought the Law, una grande versione di Stay Free ed una emozionante Complete Control. Seguono anche Brand New Cadillac, Rudie Can’t Fail, una White Riot che scatena le emozioni più animalesche del pubblico, White Man in Hammersmith Palais, London’s Burning, Guns of Brixton, The Magnificent Seven, ed una feroce versione di Rock the Casbah. E molte altre. Da notare una bellissima esecuzione di Keys to your Heart, che Strummer canto’ con i 101ers. L’unico pezzo tecnicamente un po’ deludente nella sua esecuzione e’ I am so bored with the U.S.A.. Cosa manca? Forse siamo stati un po’ delusi dall’ esclusione di Death or Glory, Garageland e Spanish Bombs dalla scaletta. E forse, trattandosi di un tribute per Joe Strummer, anche due capolavori dei 101ers come Letsagetabitarockin’ e Sweety of the St. Moritz potrebbero starci. Ma sarabbe troppo. E va benissimo anche così. Un gruppetto di spettatori rende l’atmosfera elettrica, a furia di salti e spintoni, senza pero’ far male a nessuno.

Il bis è ancora a base di Rudie Can’t Fail, White Man in Hammersmith Palais e White Riot, senz’altro il pezzo che fa scatenare la sala maggiormente.

Certo, visivamente non Strummer, Jones, Simonon e Topper, ma tanta buona musica, ben eseguita da una tribute band di ottima qualita’ e ottimamente preparata.

Grazie Strummerville!

Marino Valensise & Goffredo Ceglia