JOE STRUMMER & THE MESCALEROS
"Dentro Streetcore, una breve riflessione su alcuni testi"


"Streetcore", il disco postumo di Joe Strummer, è veramente un bel disco, che ha superato ogni mia personale diffidenza sull'operazione. Decisamente diverso da "Global A Go Go" che avevamo apprezzato per i suoni provenienti da ogni angolo del mondo, "Streetcore" suona complessivamente più rock, riflettendo in qualche modo il sound live di Joe e dei suoi Mescaleros. Anche se la band stava crescendo a livello compositivo e di amalgama, a mio avviso Strummer stava proseguendo con la sua personale ricerca in campo musicale. Cercava sempre, collaborando a 360° con i musicisti che stimava maggiormente. All' interno di "Streetcore" ci sono alcune gemme che Joe ci ha regalato prima di andarsene, cantandole in modo straordinario. Difficile interpretare i i testi di Strummer, lui putroppo non ha potuto raccontarceli. Ci ho provato comunque con quelli che mi sembravano più significativi :


"Arms Aloft" (Braccia Alzate, nel senso di ribellione) - Un anthem orgoglioso, da rocker di razza, che rivendica la propria appartenenza ed invita a reagire. Dice : "A volte non c'è nessuna stella che luccica nel cielo, a volte non puoi vedere l'orizzonte fra l'oceano e la terra, e nel momento stesso che stavate mollando pensando di fuggire furtivamente, io vi ho tirato su. Posso ricordarvi quella scena? Eravamo a braccia alzate ad Aberdeen (cittadina scozzese), perché lo spirito è la nostra benzina. Posso ricordarvi ancora quella scena?. Lo spirito è la nostra benzina ". Un po' come per Clash City Rockers : niente può resistere alla pressione dei Clash City Rockers. Ricordate ?

"Ramshackle Day Parade" (Sgangherata marcia del giorno) - Una bellissimo e dolcissimo pezzo dedicato al dopo 11 settembre, alla gente che ha sofferto, a chi : "si è perso prima di nascere e di essersi formato" a chi "è rimasto sepolto sotto la strada….adesso che arriva il nuovo secolo qualcuno dimenticherà il proprio nome in questa fantastica sgangherata marcia del giorno". Un pezzo in sostanza sul valore assoluto della vita, sulla necessità dell'amore.

"Long Shadow" (Ombra Lunga) - Il biografo di Strummer, Chris Salewitz (la sua biografia autorizzata su Joe uscirà nell'aprile 2004), ha affermato che questo pezzo è la "Redemption Song" di Joe. Difficile dirlo, certo è che questo brano assomiglia ad una sorta di testamento di Strummer. Un grande pezzo, una ballata country profonda, a tratti dolorosa, che collega i punk anarchici della Westway ai rockers più disperati in un quadro da "grande depressione" americana, nella quale il protagonista attraversa deserti,fiumi ed alla fine di tutto questo percorso dice : "Se hai messo tutto insieme, senza cedere neppure una volta alla compassione, lanci una lunga ombra, e questo è il tuo testamento. Da qualche parte nella mia anima c'è sempre il rock'n'roll". E' il viaggio nella vita di Strummer, fatto di enormi successi e clamorose battute d'arresto, il cui punto finale, l'essenza, rimane comunque e sempre il rock'n'roll.

"Redemption Song" (Canto di Liberazione)
Una cover interpretata benissimo, cantata con un'intensità straordinaria : "Aiutaci a cantare questi canti di libertà, perché è ciò che ho sempre avuto, canti di liberazione, ho avuto sempre canti di liberazione". C'è parecchio Joe Strummer in questo testo, lui che, fra i primi, ha voluto tenacemente introdurre nella carica rabbiosa del punk il background filosofico del reggae. Ecco perché per me Joe Strummer rappresenta l'ultimo profeta del rock'n'roll. Perché lui è stato in qualche modo, senza voler essere blasfemo, profetico : ha percepito il segnale ed ha indicato una strada che è stata percorsa da migliaia di musicisti .

"Silver and Gold" (Argento e Oro)
Non ci poteva essere miglior chiusura per il postumo di Joe, di questa cover di un classico soul anni '50 di Bobby Charles dal titolo "Before I Grow Too Old" (prima di diventare troppo vecchio), rinominata per l'occasione. "Vivere la vita prima di diventare troppo vecchi" canta Strummer, "guardare tutte le luci della città, baciare le ragazze più carine, viaggiare per il mondo, ballare nella notte. Magari dire un po' di preghiere per salvare la propria anima, ma vivere comunque la vita prima di diventare troppo vecchi".

Alcune persone sono destinate a restare giovani per sempre, se non nel fisico, nell'anima. Beh, Joe Strummer è stato senz'altro una di queste persone. Ed anche per questo ci mancherà moltissimo.

Mauro Zaccuri

"Dentro Streetcore, una bella recensione di Flaviano De Luca"
Tratta dal Manifesto del 17 ottobre 2003

Il 26 dicembre dell'anno scorso si giocò al St.James's Park il match Newcastle-Liverpool, valido per la Premier League inglese, davanti a 52mila spettatori. Al calcio d'inizio fu celebrato un minuto di silenzio per la scomparsa di Joe Strummer, l'ex cantante e chitarrista dei Clash, venuto a mancare d'improvviso, qualche giorno prima, per un attacco cardiaco. Un gesto straordinario (di solito si ricordano ex giocatori, tifosi particolari o persone del mondo del football), un tenero segnale che le sue canzoni venivano ancora amate, cantate e cullate nel cuore di parecchie generazioni, inglesi e non solo. Dieci mesi dopo ecco "Streetcore" (su etichetta Hellcat/Epitaph), l'album che raccoglie le canzoni su cui stavano lavorando Strummer e la sua band, i Mescaleros - formata da Martin Slattery (tastiere, sax, chitarra), Scott Shields (chitarra), Simon Stafford (basso) e Luke Bullen (batteria) -, canzoni presentate già in parte durante il tour dell'anno passato (anche se due brani bellissimi, "Dakar Meantime" e "Steady America", sono rimasti fuori perché la parte vocale non è mai stata registrata).

Tutto era cominciato a casa del produttore Rick Rubin, a Los Angeles in febbraio dove Joe aveva registrato due canzoni, insieme con Smokey Hormel (chitarrista che ha lavorato con Beck e Tom Waits) e Bobby Tench (sodale di Tom Petty), una straordinaria versione di "Redemption Song", il brano scritto e portato al successo da Bob Marley, e "Long Shadow", un pezzo originariamente pensato per Johnny Cash, col quale Hormel ha collaborato più volte. Poi Slattery e Shields, due componenti del gruppo, hanno cominciato a lavorare sui demo dei brani che l'ex Clash aveva registrato a Londra. "Quando siamo tornati in studio sapendo che dovevamo finire l'album, abbiamo cercato di rimanere fedeli a quello che Joe avrebbe voluto, per rispetto e fedeltà al suo lavoro".

Ora il pugno di canzoni finali, dieci brani che sono "un distillato di tutta la musica psichedelica più estrema e la consapevolezza del reggae", dicono alcune parole vergate a mano, come tutti i testi del disco e alcune note, lasciate incompiute dal guerrigliero "sandinista", che impreziosiscono copertina e libretto. "Streetcore", nel senso di stradaiolo, da artista ambulante immediato e radicale, da ispirato cantante di protesta con quel senso del rock'n'roll puro e ribelle, appassionato e combattivo che sale subito sulle note di "Coma Girl", il primo brano, arpeggio di chitarra e quella voce, con toni sporchi e cantilenanti, prima che esploda il classico, bruciante quattro quarti. Un brano che ricorda, nella scansione, la struttura di "Tommy Gun".
Naturalmente ci sono i fantasmi del dub ellittico in "Get Down Moses" e due episodi curiosi come "Ramshackle Day Parade" e "Midnight Jam", dove ci sono disseminati gli echi speziati di world music che sono un tratto distintivo del gruppo. L'altra cover è "Silver and Gold", un viscerale blues scritto nel 1952 da Bobby Charles, ai tempi intitolato "Before I Grow Old". Così davvero trascinante è Redemption Song, con alcune note d'organo che fanno da contraltare alla voce di Joe, un mix secco e lancinante, quasi un preghiera laica, un inno da chiesa no global del terzo millennio, "canzone di libertà e di redenzione".

E regolarmente tornano i toni essenziali della seicorde, del piacere di suonare la chitarra come tra amici in salotto o attorno al fuoco, in quel "Long Shadow", il suo struggente saluto, "you cast a long shadow that is your testament, somewhere in my soul, there always rock'n'roll" (getti una lunga ombra che è il tuo testamento, da qualche parte nella mia anima c'è sempre rock'n'roll).